Eric Woolfson’s POE at Abbey Road
Reportage di Giorgio Rizzarelli & Alessandro Cospite


LA SERATA DI MEZZO

Venerdì 7 Novembre 2003: la serata di mezzo fra le tre in cui il musical "Poe" di Eric Woolfson è stato presentato per la prima volta, e dal vivo, nei famosi Abbey Road Studios. Abbiamo scelto un giorno tra Giovedì e Venerdì invece del Sabato non solo per evitare di pagarci l'astronomico biglietto di 250 Euro inclusivo di "Champagne reception" (che avrebbe gravato seriamente sul budget già alto per via di volo e albergo), ma anche per aumentare le probabilità di parlare con Eric. Il Sabato, infatti, Eric avrebbe ricevuto grandi personalità del mondo del teatro, ovviamente nella speranza di convincerli a fare di Poe un musical rappresentato regolarmente in un teatro. Non sappiamo ancora se sia riuscito nell'intento, ma glielo abbiamo augurato di tutto cuore.


LA PUBBLICITÀ SU UNA RIVISTA LOCALE

Nel pomeriggio, al Virgin Megastore di Oxford Street, scansioniamo tutti i periodici di musica rock. Sul famoso settimanale "Time Out", abitualmente acquistato dai Londinesi per decidere cosa fare nel weekend, troviamo un piccolo banner pubblicitario con un uomo dalla testa di corvo che attraversa le più famose strisce pedonali di Londra. "From the creator and writer of THE ALAN PARSONS PROJECT, a once in a lifetime opportunity to attend a live staged concert recording at ABBEY ROAD STUDIOS. Elliot Davis presents Eric Woolfson's POE, featuring Steve Balsamo, www.poe-cd.com. 6th and 7th November. Book now [...]". Realizziamo allora come sia potuto accadere che, nell'ultima settimana, i posti siano passati da quasi tutto libero al tutto esaurito per tutte le serate. E naturalmente ci compriamo la rivista, per aggiungerla alle nostre collezioni projectologiche.


L'ABBEY ROAD CAFÈ

Ore 17:00. Scendiamo alla stazione del tube di St. John's Wood, ove si trova l'Abbey Road Cafè: un baretto piccolo piccolo (gestito proprio da Italiani come noi) che funge da negozio ufficiale degli Studios, e che vende oggetti quali tazze di Abbey Road e cartoline dei Beatles. Vi troviamo il libro che documenta la storia dei famosi Studios, e che include foto storiche anche di parecchi altri artisti fra cui Pink Floyd, Sting, Kate Bush, The Hollies, John Williams e, fra le altre cose, una storica e unica foto dell'Alan Parsons Project all'opera nella sala controllo dello Studio 2, e una dei Pilot nella storica cantina (taverna) dove sono state scattate anche foto storiche dei Beatles.


GLI ESTERNI DEGLI STUDIOS

Dopo aver percorso pochi minuti a piedi, attraversiamo le famose strisce pedonali, passiamo davanti al famoso muretto su cui i fan dei Beatles lasciano i loro messaggi, entriamo nel cortiletto e arriviamo alla famosa porta con sopra la scritta "EMI Abbey Road Studios". Una porta e una facciata così piccole rispetto agli enormi studi che, come avremmo poi scoperto, si trovano in un edificio retrostante (ma connesso a quello frontale) e in parte seminterrati. Non è da tutti i giorni poter entrare negli Abbey Road Studios. "Poe" è stata un'occasione unica anche per questo.


GLI INTERNI DEGLI STUDIOS

Ore 17:45. Come da orario entriamo. Sulla destra, la scrivania della reception sovrastata dal famoso titolo Abbey Road Studios. Sulla sinistra un elegante divano in pelle nera e un tavolino da caffé, dove siamo ricevuti da una gentilissima assistente di Eric (che poi avremmo scoperto essere una delle sue figlie). Ritiriamo dunque il biglietto prenotato, ovvero un cartoncino avente sul lato frontale una fotocopia a colori della copertina del CD "Poe" e sul retro un adesivo stampato in bianco e nero con la scritta "Eric Woolfson's POE", la figura di un corvo, il sottotitolo "CONCERT at ABBEY ROAD STUDIOS", e il numero del posto. Entriamo così nei corridoi degli Studios. L'ambiente è confortevole, con una moquette blu sul pavimento, ma non è un ambiente lussuoso. È a misura d'uomo, un luogo semplicemente ideale dove un musicista può registrare. A sottolineare l'importanza del luogo, però, ci sono delle foto storiche degli interni degli Studios appese sulle pareti. Le guardiamo con calma. Scendiamo le scale, osservando ancora foto sulle pareti. Non ancora giunti in basso, intravediamo già il piano inferiore. La prima cosa che notiamo sono i poster di due film di Star Wars (la maggior parte della colonna sonora degli episodi di SW è stata registrata ad Abbey Road), e, da bravi fan di Star Wars quanto del Project, ci sentiamo sempre più "a casa". Una volta scesi nel corridoio al piano inferiore, notiamo i poster di molti altri capisaldi del cinema, come per esempio un Indiana Jones e un Lord of the Rings. Non è un caso che gran parte delle nostre creazioni artistiche preferite siano passate per Abbey Road: è il luogo dov'è stata registrata gran parte della migliore musica del XX secolo (va anche citata la storica trasmissione radio dell'orchestra di Glenn Miller, avvenuta proprio il giorno della sua scomparsa). Scese le scale, sulla sinistra vediamo una porta a vetri, attraverso cui riconosciamo i tavolini della famosa cantina prima citata; al pubblico però non è permesso entrare ... è infatti usata come bar per gli artisti, esattamente come quando gli Studios sono usati normalmente per registrare. Giriamo allora a destra. Improvvisamente, in un corridoio, notiamo Eric. E ci sorride! Un addetto alla sicurezza non ci consente di entrare nel corridoio, gli chiediamo se possiamo vedere Eric … ci dice che probabilmente dopo verrà lui da noi. Giriamo un angolo, bloccati da un separè che lascia intravedere un corridoio su una parete del quale c'è una fila sterminata di ganci ciascuno avente un rotolo appeso di decine di metri di cavi. Chilometri di cavi e cuffie dappertutto.


LO STUDIO 2 TRASFORMATO IN UNA MOSTRA SU POE

Arriviamo allo Studio 2. L'aspetto dello studio in sé è alquanto semplice: dipende da quello che ci si mette dentro. Avendo studiato il libro della storia di Abbey Road riconosciamo il pavimento a palchetti e la scala che porta alla sala controllo (chiusa al pubblico). Nell'interno dello studio notiamo una piccola mostra su Poe che Eric ha approntato per i suoi ospiti: svariati poster d'antiquariato di film basati su opere di Edgar Allan Poe (alcuni poster in Italiano!), un cartello riportante la frase della canzone "I am the walrus" nella quale i Beatles hanno citato Poe, una foto dei Beatles stessi assieme alla copertina di "Sgt. Pepper" sulla quale appare tra le tante famose sagome di cartone anche lo stesso Poe, dipinti e disegni ispirati a opere dello scrittore/poeta, una porta sovrastata da un busto di Atena con sopra un corvo e, vicino alla scala che porta alla sala controllo, una copia sotto cornice dell'edizione originale di "Tales Of Mystery And Imagination" dell‘Alan Parsons Project. Dal programma avremmo poi scoperto che era stato determinante il contributo di un'associazione collezionistica su Poe di Praga, che iniziò la sua attività proprio anche grazie al successo di "Tales". Nello studio 2 notiamo anche un vecchio piano a muro e un banchetto per le bibite con pronti i secchielli per lo champagne della sera successiva. E, dulcis in fundo, il banco del merchandise di "Poe", dove abbiamo requisito CD, programma e poster, e dov'era disponibile anche altro merchandise quale giubbotto, cappellino e altro. Sono circa le 18:00, l'ora prevista per l'inizio del ricevimento nello Studio 2 … siamo pure entrati in anticipo. Nel pagare il merchandise chiediamo all'addetto se pensa che Eric si unirà al ricevimento, ed egli ci risponde "È dietro di voi!". Eric, infatti, sta venendo da noi!


LA NOSTRA PICCOLA INTERVISTA A ERIC

Visto che mai avremmo immaginato una tale disponibilità e gentilezza da parte di Eric, non ci siamo portati un taccuino su cui annotare le risposte di Eric (peggio ancora, ci siamo scordati di portare la scala, perchè Eric è MOLTO alto!). Non è possibile ricordare dunque le parole esatte, ma ricordiamo con buona approssimazione le sue risposte.

Eric: Ciao!
Noi: Buonasera Eric! Siamo molto lieti di incontrarti. Siamo apprezzatori del Project da lungo tempo. Veniamo dall'Italia.
Eric: Oh, Benvenuti!
Noi: Grazie! Com'è andata la serata di ieri?
Eric: Molto bene! Qualche piccolo problema, ma bene. Oggi spero andrà meglio. Ci sono sempre problemi, sapete.
Noi: E domani è il grande giorno...
Eric: No, beh, anche le prime due serate sono importanti.
Noi: Quando parte il musical?
Eric: Oh, sono queste serate!
[Domanda piuttosto ingenua, direte. Il fatto è che, sul sito di Eric (e anche sui biglietti), le serate erano state definite "concerts", e qui al ricevimento Eric era arrivato così presto che non avevamo ancora avuto il tempo di sfogliare il programma. È stato dunque parlando con Eric che abbiamo scoperto che queste serate non erano solo concerti, ma rappresentazioni vere e proprie del musical. La nostra domanda, naturalmente, era riferita a una futura possibile rappresentazione giornaliera in un teatro, ma è chiaro che, dovendo ancora arrivare l'indomani (in cui Eric avrebbe ricevuto grandi personalità del settore), nemmeno Eric conosceva una risposta.]
Noi: Per prima cosa, ti chiediamo gentilmente qualche autografo.
Eric: OK, certo!
Noi: Abbiamo qui le nostre copie di "Tales" in CD.
[Uno dei libretti dei testi si apre alla pagina di "The Tell-Tale Heart"]
Noi: Qui c’è "The Tell-Tale Heart". Ti piace?
Eric: Oh, sì. [canticchia e mima con le mani, divertendosi, la parte iniziale di pianoforte. Siamo sorpresi a vedere il grande autore del Project così alla mano, sembra più un fan. Eric autografa, aggiungendo la scritta "Abbey Road 7/11/03".]
Noi: "The Tell-Tale Heart" ci piace molto, è in Do minore. Anche altri brani di "Tales" lo sono: "The Cask of Amontillado" e "The System …". Il Do minore sembra un tema dominante in "Tales".
[Eric non risponde, forse perchè impegnato a scrivere. Gli facciamo autografare anche i nostri biglietti riservati e i libretti delle nostre copie di "Poe - More Tales …".]
Noi: E qui abbiamo la seconda parte!
Eric: E stasera ascolterete anche la terza!
[Eric si riferisce alle tracce che sono nel musical ma non nel CD.]
Noi: Potremmo scattare una foto con te?
Eric: Certo, nessun problema!
[Eric ci mette addirittura le braccia attorno alle spalle e ci facciamo scattare la foto. Tra parentesi, l’unica foto che riusciamo a scattare della serata, utilizzando una macchina fotografica non digitale.]


(Photo Copyright: Alessandro Cospite)

Noi: Sai, in passato sono stati organizzati dei meetings a tema Alan Parsons Project in Italia.
Eric: Ah, la "Fan Fest"!
Noi: Beh, la "Fan Fest" è quella Americana. I nostri meetings, comunque, erano simili.
Eric: Oh!
Noi: Ad ogni modo, a questi meetings, noi fans abbiamo riflettuto insieme sugli album del Project. E finalmente possiamo farti la grande domanda. Possiamo introdurla così … I testi del Project sono alquanto enigmatici ...
Eric: Oh, sì, lo sono intenzionalmente ...
Noi: Beh, la grande domanda è: in un'intervista del '78 tu affermasti che c'è [ci sarebbe stato] un concept unitario che lega tutti gli album del Project. Qual’è questo concept?
Eric: [qui ricordiamo quasi sicuramente le parole precise] A dir la verità ci ho riflettuto anch'io molto a lungo. E alla fine penso che sia tutto contenuto nell’album "Freudiana", nella canzone "I Am A Mirror". Il testo dice "I am a mirror, looking at me you see yourself".
[Eric ci dà questa risposta subito, mostrando che era preparato alla domanda. Del resto, una domanda molto simile gli era stata posta nel forum del suo sito. Il sito pubblicò una risposta analoga. Ma eravamo preparati a rispondere a questa risposta …]
Noi: Già, ma ci sono altre connessioni. Per esempio l'Egitto: sia in Pyramid che in Eye In The Sky ...
Eric [ci blocca subito]: Quello non c'entra, riguarda l'artwork ...
Noi: Ma ci sono connessioni anche di concept, nei testi e nei titoli ... Per esempio la fantascienza: in "I Robot" e in "Eye In The Sky" ...
Eric: Sì, anche. Ma la cosa più importante è "I am a mirror". Dopo tanti anni mi sono accorto che le canzoni sono come uno specchio, alla fine ritengo che ciò di cui parlino sia me stesso.
Noi: Ma con "I am a mirror" intendi anche dire che un ascoltatore può rispecchiarsi nei testi del Project? E che quindi possiamo vederci noi stessi?
Eric: Forse … Sì.
[A meno che i nostri cervelli a questo punto non fossero andati completamente in tilt per l‘emozione, ci ricordiamo entrambi che Eric ci ha dato come -forte- l’interpretazione del Concept Unitario auto-referenziale e come -meno forte- l’interpretazione del Concept Unitario che ‘scriviamo’ noi ad ogni riascolto. Fatto sta che, come avremmo poi scoperto attraverso la lettura della mailing list internazionale, la sera dopo Eric ha risposto alla stessa domanda invertendo l’ordine di importanza delle interpretazioni, sottintendendo quella auto-referenziale senza neanche nominarla. Dubitiamo seriamente di avere avuto noi qualche merito in questa inversione … Eric probabilmente ha voluto rispondere in due maniere ’speculari’ alla stessa domanda ad un solo giorno di distanza … Come egli stesso ci ha ricordato, i testi del Project hanno più piani di lettura INTENZIONALMENTE … Il mistero dunque rimane, con qualche indizio in più. Comunque, se Eric con noi ha bleffato abbiamo avuto un assaggio della sua grande bravura di giocatore.]

Durante l'intervallo fra i due atti di "Poe" abbiamo incontrato Eric e avuto un breve scambio ulteriore con lui
Noi: Grande show! "The Pit And The Pendolum" finora è la migliore!
Eric: [Sì, è un brano] molto potente!

Abbiamo inoltre incontrato la figlia Sally, la quale, prima del giorno dello spettacolo, era stata gentilissima nel risolvere un problema tecnico nella prenotazione dei biglietti.
Noi: È uno show fantastico. Speriamo davvero che possa diventare un musical regolarmente nel West End.
Sally: E oltre!

Infine, dopo lo spettacolo abbiamo ringraziato Eric per tutto e gli abbiamo fatto i migliori auguri per il futuro.
Dopo anni e anni senza speranza di incontrare Eric, quelle sue risposte ci sono sembrate già molto. Una volta a casa [ma già in albergo!] ci siamo pentiti di non avergli chiesto di più. Ma è anche vero che gli abbiamo rotto le scatole quattro o cinque volte per foto, autografi e domande (ad Ale ha addirittura concesso un abbraccio), mentre lo Studio 2 si riempiva e altre persone - principalmente amici - volevano parlare con Eric. Soprattutto, dal modo convinto in cui Eric ha parlato del suo "specchio", abbiamo capito che non saremmo riusciti a tirargli fuori altro. Mentre Eric parlava con un amico abbiamo sentito che gli stava raccontando del "gambling" (giocare d’azzardo) e del fatto che sua moglie è psicologa. Sembra davvero che non abbia nessun’altra rivelazione da aggiungere.
Ma torniamo a subito dopo la chiaccherata lunga …


ANCORA NELLO STUDIO 2

Terminata l'intervista, andiamo a sederci (proprio sotto il "Tales" incorniciato) e apriamo il programma. Cerchiamo di leggere bene il riassunto della storia, ma l'emozione è troppo forte.
Ore 19:00. Un messaggio registrato viene diramato da un altoparlante nello Studio 2. "Signore e signori, accomodatevi nello Studio 1, dove assisterete al concerto". In seguito il messaggio chiede di spegnere i cellulari con una nota ironica - visto che suona (apposta) proprio il cellulare del tizio che dirama il messaggio - una nota che però richiama l'attenzione: il musical sarà infatti anche una sessione di registrazione.


LO STUDIO 1 TRASFORMATO IN UN TEATRO

Siamo ora condotti nello Studio 1. Sapevamo che era quello più grande, ma la sua enormità ci ha lasciato di sasso: è proprio come una cattedrale. Intravediamo subito il palco, già semiilluminato dalle luci sovrastanti. Dopo la mostra dello Studio 2, relativamente spartana, solo ora comprendiamo la portata della serata. Eric ha fatto le cose in grande.

Nello Studio 1 Eric ha fatto sistemare comodamente 300 posti a sedere, un banco mixer a retro sala, e il palco (che copre il famoso schermo cinematografico usato per registrare le colonne sonore). A sua volta il palco è stato diviso in 3 parti. La parte centrale rialzata ha ospitato la rappresentazione del musical sulla quale si sono esibiti il lead vocal Steve Balsamo, gli altri attori e i coristi/ballerini. A sinistra sono stati sistemati, con una precisa organizzazione dello spazio, 5 strumentisti rock (due tastiere, chitarra, basso e una batteria in cabina di vetro per evitare rimbombi), e a destra 5 strumentisti orchestrali (violino, violoncello, corno, flauto & altri legni, percussioni - inclusive di 3 timpani, campane tubolari, campanellini, xilofono, e vibrafono): una perfetta rappresentazione live del sound del Project che fonde strumenti classici, voci e strumenti elettronici. Gli strumentisti erano già presenti ai loro posti quando siamo entrati. Dunque, per questi concerti, Eric non ha usato un'orchestra completa perchè non avrebbe lasciato spazio ai posti per il pubblico. Ha invece optato per un compromesso: la combinazione di una formazione orchestrale reale ridotta con degli ottimi suoni di tastiera. Il risultato è stato comunque un ottimo sound orchestrale. Eric, naturalmente, da bravo autore, è rimasto in disparte, a supervisionare il tutto. Il direttore d'orchestra è stato posto davanti alla band rock, non alla formazione orchestrale, in quanto la band rock è quella che suonava più spesso e forniva la base ritmica. È evidente che la band orchestrale, come anche il palco centrale, aveva dei monitor su cui poter vedere il direttore d'orchestra. Nella band rock, la quantità di tecnologia è stata impressionante. Uno dei tastieristi aveva il suo mixer e una pila di rack piuttosto alta. Non c'erano pezzi strani (le tastiere erano usuali Korg e Roland), il fatto è che avevano di tutto. Strumentisti e direttore avevano ognuno il suo spartito. Quanto all'amplificazione, ogni singolo strumento acustico o voce aveva il suo microfono (ad esempio, quello del violino era installato sullo strumento stesso), e ogni strumento aveva il suo ingresso nel mixer. Davanti al palco, sui lati, sono stati sistemati due grandi altoparlanti. Sopra il palco è stata sistemata una struttura con un notevole sistema di luci da palco. Per il resto, non c'era molto da vedere nello Studio 1: il famoso pavimento a palchetti, i ganci sulle pareti con appesi chilometri di cavi, il piano a coda e, sul retro, il vetro di comunicazione con la sala controllo - che era chiusa al pubblico, essendo usata da Balsamo per riposarsi nell'intervallo.


GLI ATTORI

Gli attori hanno fatto il loro ingresso in modo Pirandelliano - quando ancora la gente si stava sistemando sulle sedie - e guardando il pubblico, tant’è che all'inizio abbiamo pensato che fossero "maschere" in costume. Ottimi anche i costumi ottocenteschi. Le attrici/coriste/ballerine avevano qualche spacco, all'ovvio scopo che i potenziali produttori non freddassero il musical come troppo casto, ma per il resto Eric non è sceso a compromessi. Fra i costumi si è distinto quello di Poe (Steve Balsamo), con una giacca rosso bordeaux, dal design lievemente più moderno, un aiuto visuale all'applicabilità al presente dell'umanità del personaggio.


IL SUONO

Più che da vedere, gli Abbey Road studios sono da sentire. Il volume è stato perfetto, nè troppo alto nè troppo basso. La "sala" non ha avuto il minimo eco o rimbombo. L'equalizzazione è stata perfetta soprattutto grazie all'enorme quantità di tecnologia impiegata. Con un'unica eccezione: mancavano un po' di bassi nella riproduzione della batteria; ma, data la tecnologia disponibile, è evidentemente un limite invalicabile; più bassi sulla batteria avrebbero significato rimbombo, perchè l'ambiente dello Studio 1 non è propriamente costruito come sala di riproduzione, ma come sala di registrazione. Il mixaggio non ha fatto una piega. Altrettanto tecnicamente perfetti sono stati i musicisti e gli attori/cantanti. Non una singola stonatura. Solo la cantante che ha interpretato la madre di Poe ha dato un'interpretazione non del tutto sicura, ma comunque solo sulla prima reprise del suo brano. Perfetti i sincronismi. I musicisti rock guardavano molto spesso il direttore. Ottime anche le coreografie.


IL MUSICAL

Per un reportage del musical in sé (inclusa la comparsa di un corvo vero!), rimandiamo alle più specifiche analisi musicale e testuale.


INCONTRI CON LAURIE COTTLE E STEVE BALSAMO

Alla fine del musical, siamo andati vicino al palco per incontrare Laurie Cottle. Ricordiamo che Laurie (diminutivo di Lawrence), il fratello del tastierista Richard, ha suonato il basso negli album "Gaudì" e "Freudiana", oltre a "Poe". Abbiamo individuato Laurie dal basso e dalla somiglianza con il fratello. Ecco il nostro piccolo scambio di parole (anche qui non ricordiamo le parole esatte ma il senso è quello).

Noi: Ci scusi, Mr. Cottle?
Laurie: Sì! [positivamente sorpreso]
Noi: Siamo grandi apprezzatori dell'APP. Veniamo dall'Italia. Innanzitutto complimenti per lo show!
Laurie: Grazie!
Noi: Possiamo chiederti un autografo? [Ovviamente su "More Tales" … in "Tales" lui non c’era …]
Laurie: Naturalmente!
Noi: Come sta tuo fratello Richard (sai, sappiamo di lui per via del Project)?
Laurie: Oh, bene, grazie.
Noi: Hai da raccontarci qualche aneddoto sul Project? Quali ricordi ti suggerisce questo luogo?
[Laurie rimane un attimo a pensare.]
Noi: Oh, scusa, ci siamo sbagliati, non era ad Abbey Road che tu hai lavorato col Project, era a The Grange ...
Laurie [contemporaneamente]: Era allo studio di Alan.
Noi: Era un grande studio?
Laurie: No, non molto grande.
Noi: E com'è Alan come capo? Dovevi lavorare molte ore per lui?
Laurie: No, non molte.
Noi: Qualche ricordo del tuo periodo a The Grange?
Laurie: Fammi pensare ... Sì … in quel periodo, allo studio di Alan, io e Stuart Elliott ci siamo fatti un sacco di cocktail Margarita ... [ride di gusto]
Noi: OK, grazie mille!

Usciti dallo studio 1 abbiamo atteso, davanti alla cantina, Steve Balsamo per l'autografo. Anche lui è stato gentile. Durante questa attesa abbiamo rivisto Laurie, l'abbiamo salutato ringraziandolo, e lui ci ha risposto "Grazie a voi!".

Ecco il nostro piccolo scambio con Steve (di nuovo proviamo a ricordarci le parole esatte – ma perchè non abbiamo chiesto allo staff di Abbey Road "Scusate, avete un registratore!?")

Noi: Ciao, e tanti complimenti per lo spettacolo! Veniamo dall’Italia!
Steve: Oh, mio padre è italiano!
Noi: Infatti abbiamo notato che il tuo è un cognome italiano. Abbiamo apprezzato la tua interpretazione del ruolo di Febo nella canzone "Torn Apart" della versione inglese di "Notre Dame de Paris" di Riccardo Cocciante [Vogliamo far sapere a Steve che non ci siamo limitati a conoscere della sua carriera solo il noto ruolo protagonista in una delle versioni del West End di "Jesus Christ Superstar". Alessandro accenna il ritornello di "Torn Apart" per confermare quanto appena detto.]
Steve: Grande!
Noi: Hai una voce d’Angelo, Steve!
Steve: Grazie di cuore!
[Steve aveva un’espressione molto sorpresa; difficilmente alla fine di imponenti musical quali "Jesus Christ Superstar" o "Notre Dame" ci saranno potuti essere degli aftershow aperti al pubblico dove avere un contatto così diretto e caloroso con i fan! Anche a Steve i nostri migliori auguri.]

Tutta la serata ci è parsa un lungo sogno … o meglio un sogno dentro a un sogno … Con tristezza abbiamo dovuto lasciare gli Studios … ma ci consoliamo perchè quando abbiamo salutato l'addetto che indicava l'uscita egli ci ha risposto "Ci vediamo presto!".



Giorgio Rizzarelli & Alessandro Cospite 


© ALESSANDRO COSPITE 2006

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