RECENSIONE DEL CD "A VALID PATH"



Verso la fine del 2001, Alan Parsons annuncia la fine -consenziente- del sodalizio con il chitarrista Ian Bairnson e il batterista Stuart Elliott, compagni da sempre in studio e nei concerti degli anni 90, nonché autori principali degli album post-Project. Il motivo principale è il trasferimento di Alan dall’Inghilterra all’America per motivi familiari (moglie Americana), e la conseguente impossibilità di usufruire dell’apporto dei due. Il cambiamento spinge Alan a realizzare un album con un uso ridotto di strumenti Rock, proiettato ancora più del passato nel mondo dell’elettronica. Prima dell’uscita dell’album, Alan aveva inoltre dichiarato la sua volontà di volersi avvicinare a un sound fruibile per le generazioni più giovani del suo abituale pubblico, cosa che ha fatto storcere il naso a molti fan. È indubbio, comunque, che “A Valid Path” ha portato un vento di freschezza nella discografia Parsonsiana e che il sound ha confermato ancora una volta gli altissimi standard professionali di Alan. L’album si avvale di molti FEATURING di artisti del mondo dell’elettronica underground, nonché di David Gilmour, e include un brano scritto e cantato dal nuovo Live Vocalist dell’Alan Parsons Live Project: P.J. Olsson.

01) “Return To Tunguska” (featuring Shpongle and David Gilmour). È la migliore canzone dell’album o almeno una delle più belle. Probabilmente è questa la canzone ascoltata in anteprima tempo addietro da un fan a casa di Alan chiedendo “Ma cos’è ? ‘I Robot 3000’ ???”. Fin dalle prime note capiamo subito che è Alan … ma allo stesso tempo un nuovo Alan. Un Valido Alan ! È una canzone d’atmosfera, molto molto ‘cinematic’. Dopo pochi secondi rivela tutto il suo sound arabeggiante (Alan è un estimatore di Madonna… il di lei brano “Frozen” è stato probabile fonte di ispirazione). La ritmica è trascinante e freschissima. Fa poi capolino Gilmour, che ci tiene (giustamente) a mostrare che il suo tocco è rimasto magico e mette sempre qualcosa in più ad un brano. Arriva poi il momento, come da tradizione delle strutture sonore che ‘montano’ di Alan, in cui i suoni si attorcigliano l’uno con l’altro con grande studio e grande potenza.

02) “More Lost Without You” (featuring P.J. Olsson). Salto pazzesco; siamo improvvisamente trascinati nella colonna sonora di un telefilm quale "Dawson’s Creek" ! Però allo stesso tempo si avverte chiaramente che lo style è superiore a quello di un simile singolo pop di consumo. Non esalta, ma capiamo chiaramente che si tratta di un motivetto orecchiabile venuto in mente senza eccessive meditazioni troppo ghiotto per essere ignorato solo perché easy. La qualità generale, ovviamente, è la cosa di questo brano che stona di meno col resto del CD.

03) “Mammagamma 04”. Una voce campionata si impone, un po’ fastidiosamente sulle prime, all’attenzione. Intanto in sottofondo inizia a formarsi uno dei temi più ricordati dell’APProject. Anche qui, l’idea di velocizzare Mammagamma per ballarla a balzell’balzelloni era troppo ghiotta ! Il risultato è buono, anche perché i suoni di tastiera sono ben scelti (dal figlio di Alan, Jeremy). Capiamo che Mammagamma forse sarebbe stata composta direttamente così se fosse venuta in mente ad Alan nel 2004.

04) “We Play The Game” (featuring The Crystal Method). Suoneria di cellulare, battito di mani, ticchettii rapidi, e parte di nuovo l’atmosfera. Questo è un altro dei brani migliori dell’album. E la voce, capperi, è quella di Alan ! Alan si è fatto la plastica alla voce, e non si nota la cicatrice ! Il cantato è una summa del Project-pensiero per parte di Alan. Il brano è bellissimo e intensissimo. Interessante notare che il chitarrista principale dell’album non è il nuovo della live band, bravo anche lui comunque. La ritmica è modernissima.

05) “Tijuaniac” (featuring Nortec Collective). In una parola: Ambient. E Alan non si confrontava con questo genere dai tempi di “Nucleus” del lontano 1977. Atmosfera sempre a go-go, ma questa volta al rallenty. L’idea ‘cinematic’ stavolta sembra essere quella di un viaggio in limousine per le strade di una metropoli di notte, sorseggiando un po’ di alcool. Un’impennata improvvisa (anche se il sound ricorda molto una … frenata !) segna un aumento di complessità nella ritmica generale. Molto ben fatta, da ascoltare trasognati.

06) “L’Arc En Ciel” (featuring Uberzone). Gocce d’acqua messe in ritmica… C’è qualcosa che Alan non sappia ingegnerizzare ?! Poi si sviluppa il brano, elettronico, fresco, dinamico, un viaggio a velocità sostenuta lungo un arcobaleno di suoni che, a un certo punto soprattutto, ricordano Jean Michel Jarre, Vangelis e i Queen, ma mescolati tutti assieme. La progressione di accordi ricorda in qualche maniera “The Gold Bug”.

07) “A Recurring Dream Within A Dream”. Un ritmo inconfondibile con una narrazione altrettanto indimenticabile mixata ex-novo. Fa la sua apparizione un timbro di tastiera un po' dissonante con la 'sacralità' dell'atmosfera del brano (Jeremy si diverte), seguito da inedite sonorità medio-orientali. E infine arriva il cantato. L’atmosfera dei brani originali è lontana anni-luce, ma viene spontaneo un sorriso a 32 denti pensando a un eventuale (seppur poco probabile) videoclip narrante la storia di “The Raven” girato con il piglio dei moderni registi di video di canzoni di qualità. Accattivante, ma meno mordace di Mammagamma 04.

08) “You Can Run” (featuring David Pack). Dopo un brevissimo intro surreale, ci travolge una ritmica pompatissima e un cantato distorto quanto basta. E la voce di David Pack è una vecchia conoscenza dei fan di Alan, che fa sempre piacere riascoltare. Altrettanto travolgente l’arrivo del ritornello che entra subito in testa. Altro cantato-summa dello stile di sempre, con ogni tanto la comparsa di suoni di tastiera che ricordano l’album precedente “The Time Machine”. Una canzone molto … ehm … cazzuta … con suoni che sembrano letteralmente uscire dalle casse !

09) “Chomolungma”. Siamo al tratto finale del viaggio. Lo sfondo è quello del tribale e dei … percorsi particolarmente tortuosi. Moltissimi i campionamenti. Si ode in sottofondo un tema simile alla sigla del telefilm Supercar. Fanno in seguito il loro ingresso gli altri temi del brano, digitati e cantati. Molto smaliziato. E a 2/3 fanno la loro comparsa gli archi e tutto diventa rocambolescamente epico ! Un brano straordinario, dallo sviluppo inaspettato. Negli effetti finali si sente la progressione di note sol-la-fa tratta dal più tipico degli orologi Inglesi, ma anche facente parte del tema di “Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo” … e questo, legato soprattutto a Tunguska, avvalora la tesi di un doppio piano di lettura dell’album ispirato agli alieni. In coda un particolare Featuring di niente meno che John Cleese dei Monthy Python !

CONSIDERAZIONI AGGIUNTIVE: Anche a causa della presenza di ben 2 cover, quindi brani ‘già noti’, A Valid Path suona un po’ come la metà di un album intero o come il primo disco (introduttivo) di un album doppio, e se non fosse per il potente finale di “Chomolungma” ci verrebbe veramente da crederlo. È forte dunque la nostalgia per i brani classico-epici che “Return To Tunguska”, il cantato di “We Play The Game” e l’ultimo terzo di “Chomolungma” non fanno del tutto cessare, ma si deve contare che quel tipo di brani non si fa con il -drum programming-. La qualità ad ogni modo è davvero molto alta e i brani 1 e 4 rimarranno sicuramente nella memoria. Inoltre, nel 2007, dovrebbe uscire la prima colonna sonora di Alan, abbinata a "5-25-77" di Patrick Read Johnson, un curioso film su un giovane desideroso di diventare un cineasta che fa di tutto per riuscire ad andare a vedere la prima di “Guerre Stellari Episodio IV” … e per Alan si tratterà di un altro mezz’album …
Mezz’album di qua + mezz’album di là … ^_^

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